Arriva a Venezia "Queer" di Luca Guadagnino, il film passato oggi in concorso che sfida ogni chichè, tra cui quello legato all'idea di una mascolinità stereotipata: quella forte, da "macho". Per portare a termine il compito,Guadagnino ha convocato l'attoreche più di ogni altroha rappresentato, per gli anni 2000, un certo ideale di virilità: Daniel Craig, ultimo interprete diJames Bondnella saga di 007.
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"Queer", Guadagnino immortala l'universo della Beat Generation
Una storia d'amore, ma soprattutto un omaggio a William Burroughs, intellettuale,scrittore, saggista e pittore statunitense, tra i massimi del secondo Novecento.Uno dei rappresentantidella Beat Generation,che cercava in alcool e droghe le risposte che la realtà non riusciva a dargli. In"Pasto nudo" affronta infatti il tema della«dipendenza» e della ricerca di nuove sostanze che permettano di crescere, fino a incontrare Dio. Nel film (tratto dal libro omonimo di Burroughs) il protagonista Lee trascorre una vita spericolata a Città del Messiconegli anni '50 del Novcento.Ed è proprio Daniel Craig a interpretare l'intellettualeprotagonista,passandodal ruolo di 007 macho a un personaggio "queer" da ogni punto di vista: Lee è immortalato in scene omosessuali spinte, gira armato di pistola e passa le sue giornate a bere e andare a letto con chi capita.
Questo finché non incontraEugene Allerton (Drew Starkey), giovane studente appena arrivato in città, lentamente lo fa innamorare davvero.
Nella prima parte Queer è quasi cinema-teatro, tutto si svolge principalmente nei locali della Città del Messico ricostruita perfettamente a Cinecittà. Nella seconda parte, in gran parte inventata, diventa tutto più psichedelico.
Lee insieme al suo amato Allerton intraprende un viaggio nella giungla alla ricerca di una pianta miracolosa, lo yage (una liana degli spiriti o dei morti), una radice allucinogena con la quale fanno un viaggio sconvolgente.
Scrive lo stesso Burroughs nella prefazione a "Queer": «Con lo yage ebbi la prima chiara indicazione che nel mio essere c'era qualcosa che non era me e che non controllavo. Ricordo un sogno di questo periodo: lavoravo come sterminatore a Chicago, verso la fine degli anni '30, e vivevo nella parte più vicina al centro del North Side. Nel sogno galleggio fino al soffitto in preda a un senso di morte e disperazione totale, e guardando in basso vedo il mio corpo uscire dalla stanza con intenti omicidi». Per quanto riguarda la musica si va dall'elettronica al rock fino al pop e all'indie per accompagnare questo film che si svolge negli anni '50, ma è in realtà fuori dal tempo. Frase cult quella che Lee ripete spesso: «Non sono queer, ma disincantato».
La scelta di Craig come protagonista
«Volevamo che sembrasse reale, toccante, naturale anche se sappiamo che niente di ciò che accade sul set è intimo, decine di persone ti guardano. E così per rompere la tensione abbiamo ballato, poi il resto è arrivato.Drewè un attore meraviglioso, fantastico, e noi ci siamo fatti una risata. Abbiamo cercato di renderle divertenti» dice Craig sulle scene di sesso conStarkey.
Poi le domande al regista: cui si domanda se tema un'etichetta di scandalo per Queers. Ma il film«ha una complessità di significati diversi rispetto ad oggi. All'epoca di Burroughs, Queer voleva dire checca, frocio un termine denigratorio oppure persona strana, diversa. Moralmente? Non lo so, non mi sono mai posto i problemi della morale e non mi interessa. Queer per me è una profonda radicale storia d'amore che ci riporta alla condizione terminale di essere umani, cioè che siamo soli». Non è un film sugli anni '50 (peraltro ricostruiti con lo scenografo Stefano Baisi, il costumista Jonathan Anderson) «ma sull'universo di Burroughs, ricreato spero nel modo più profondo e dettagliato possibile. E se l'immagine estetica del film piace, è merito suo».
Guadagnino ha cercato appositamenteDaniel Craig come protagonista («divino, attore sublime, magnifico anche a teatro») convinto del suo rifiuto, «invece una settimana dopo faceva il film». E così il protagonista della saga di James Bond è diventato Lee, l'alter ego dello scrittore. «È la prova della mia vita dice il direttore della Mostra Barbera? Allora la mia carriera è andata! Ma se finisce qui è meglio che altrove», ha scherzato Craig con l'ANSA. Da anni «volevo lavorare con Guadagnino e quando si è presentata l'opportunità l'ho colta al volo». Dice Craig di non avere paura di spiazzare il pubblico con un personaggio omosessuale dopo un macho come Bond: «non ho alcun controllo sulla mia immagine, scelgo di interpretare ruoli che rappresentano una sfida, per me stesso e per il pubblico, cercando di essere il più interessante e creativo».